Sulle concessioni balneari in Sicilia c’è un mare di incertezze, ma anche di affari. Le difficoltà legate all’applicazione della direttiva Bolkestein che regola l’assegnazione delle concessioni balneari e la gestione dei servizi pubblici, non fermano i piani di investimenti che gli imprenditori siciliani sono pronti a mettere in piedi su spiagge e coste dell’isola.
Dando uno sguardo al portale del Demanio marittimo regionale, zoomando sulla mappa delle istanze in corso, non c’è porzione di territorio che non abbia una media di 500 richieste in corso al vaglio degli uffici.
Le istanze attualmente in corso in Sicilia sono oltre 6500, come si può vedere nel grafico in alto e sono suddivise in zone. Nel portale del Demanio è possibile anche vedere il dettaglio delle varie località.
Con l’estate alle porte le prospettive per i gestori sono molto positive e la gestione resta conveniente, al netto della tasse amministrative. A fronte di canoni demaniali di poco superiori ai 3 euro, in Sicilia si va in spiaggia anche al prezzo di 50€ al giorno. Alcuni stabilimenti hanno introdotto anche la consumazione obbligatoria o un fisso da spendere.
Ai nuovi progetti sul demanio si aggiungono i vecchi. In Sicilia ci sono circa 3mila concessioni in essere e che secondo le sentenze del Consiglio di Stato (le ultime sono recentissime e risalgono al 20 maggio) andrebbero annullate e liberalizzate.
Se queste stesse proroghe, concesse anche dalla Regione Siciliana, sono possibili lo si deve alla mancanza di una norma nazionale che applichi la direttiva europea Bolkestein.
Lo si capisce anche leggendo la comunicazione pubblicata lo scorso gennaio dal Demanio regionale con cui viene concesso il differimento della durata delle concessioni fino al 31 dicembre 2024. “Nelle more del perfezionamento della disciplina statale di recepimento delle indicazioni europee in materia viene differita la proroga delle scadenze” si legge sul sito.
È una posizione che mantiene lo status quo e che va incontro alla posizione degli imprenditori che da anni gestiscono gli stabilimenti.
Dieci ha intervistato il presidente Sib Confcommercio Catania, proprietario di uno stabilimento alla Playa. “In questo momento c’è un vero e proprio circuito giurisprudenziale, proprio dettato dal fatto che non c’è una norma nazionale” ha spiegato Ignazio Ragusa, aggiungendo “che lo stop alle concessioni sia arrivato è ancora un argomento controverso”. Da tempo le forze di Destra e oggi la maggioranza di governo cerca di difendere le concessioni esistenti puntando sul valore che la direttiva dà alla scarsità del bene marittimo. Se le concessioni sono poche in virtù di un bene scarso, serve la messa a bando, impone la Bolkestein. “Lo studio condotto dal tavolo tecnico sulle concessioni balneari voluto dal Governo, al contrario da quanto affermato dal Consiglio di stato, che dà per certa la scarsità della risorsa, dimostra che la risorsa è abbondante, e questo è particolarmente vero in Sicilia”, spiega il presidente Sib Confcommercio Ragusa.
Secondo i tecnici del ministero, solo il 33% delle coste italiane è oggetto di concessioni mentre il restante 67% è libero. Numeri che a livello europeo sono stati messi in discussione da un’interrogazione presentata dall’europarlamentare dei Verdi Rosa D’Amato. “l 33% a cui si riferisce il tavolo tecnico è stato calcolato sul totale della costa italiana e non sulle sole aree balneabili”, ha spiegato D’Amato e “vengono considerati anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili per motivi oggettivi o quelle che non possono essere date in concessione”. “Quanto ai criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale, il tavolo ha evidenziato come, in base agli elementi raccolti e analizzati, questi debbano essere individuati tenendo conto del dato nazionale”, si legge ancora dell’interrogazione di D’Amato.
Con la stagione estiva 2024 alle porte, dopo 10 anni, l’applicazione della Bolkestein resta un irrisolto in Italia.
Foto di Antonio Melita