Siccità perché la Sicilia non usa i dissalatori?

di Chiara Borzì

Quelli di Trapani, Porto Empedocle e Gela dismessi 10 anni fa. Ma se funzionanti sarebbero davvero la soluzione alla crisi nelle campagne?

31 Maggio 2024

Perché la Sicilia, circondata dal mare ma a secco di acqua, non può utilizzare i dissalatori? La risposta secca è che sono stati spenti dal 2014 ed impossibile farli ripartire senza un restyling che li adegui agli attuali criteri di sostenibilità ambientale e meno energivori.


Lo scorso 17 aprile, al temine della prima riunione della cabina di regia regionale per l’emergenza idrica istituita dal presidente Renato Schifani, la Regione aveva chiarito la strategia con cui avrebbe dotato la Sicilia di nuovi dissalatori. Sarebbero stati innanzitutto mobili, mentre le infrastrutture di Trapani, Porto Empedocle e Gela, dismesse circa dieci anni fa, sarebbero rimaste in attesa di una riaccensione.


“Sul fronte dissalatori si lavorerà nell’immediato con l’acquisto e l’installazione di moduli mobili nei siti esistenti – aveva specificato la Regione con la nota del 17 aprile – nell’attesa di poter procedere alla sostituzione degli impianti fissi a Porto Empedocle, Trapani e Gela, dove i tecnici della task-force in queste ore stanno effettuando ispezioni”.


Fino ad oggi, comunque, i dissalatori mobili non ci sono, ma il ritardo è in qualche modo “giustificato” perché i fondi per realizzarli sono stati accordati dal governo da circa 20 giorni.


Sui tre impianti di dissalazione di Trapani, Porto Empedocle e Gela la Regione è infatti intervenuta nuovamente il 6 maggio dopo essersi assicurata, grazie all’approvazione dello Stato di emergenza nazionale per la siccità in Consiglio dei Ministri, 20 milioni di euro da investire proprio nei primi interventi annunciati dalla cabina di regia. Quello dei dissalatori resta un progetto valido per la Sicilia, ma non nell’immediato.


“Per i prossimi mesi invece – è il piano della Regione -, si sta valutando la ristrutturazione e il riavvio dei dissalatori di Porto Empedocle, nell’Agrigentino, e di Trapani, operazioni che richiederanno tempi e procedure di gara più lunghe, non essendoci deroghe sostanziali in materia ambientale e di appalti sopra soglia comunitaria”.

Il costo dei dissalatori

Per avere i dissalatori in Sicilia non servirà solo tempo, ma anche denaro. Il costo per la riattivazione, previo ammodernamento in ottica ambientale, dovrebbe rientrare nei 590 milioni di euro stimati dal governo regionale per la realizzazione delle attività definite di “medio termine”. Lo si intuisce stavolta da una comunicazione del 3 aprile.


“Una relazione della Protezione civile regionale indica interventi a breve e a medio termine per mitigare la crisi che prevedono la riduzione dei consumi delle utenze idropotabili, interventi sugli invasi, campagne di informazione e sensibilizzazione per il risparmio, interventi per reperire risorse alternative (come dissalatori mobili e navi con moduli dissalativi), acquisto di autobotti e silos per la distribuzione in luoghi pubblici, utilizzo di pozzi e sorgenti, riparazione di reti idriche, ammodernamento degli impianti di dissalazione nei siti dismessi di Porto Empedocle, Paceco-Trapani ed eventualmente anche Gela. Il costo delle azioni a breve termine è di 130 milioni di euro, mentre di quelle a medio termine è di 590 milioni di euro”.

Contro la siccità bastano i dissalatori?

Secondo gli esperti quella dei dissalatori non è comunque una strada del tutto percorribile per risolvere il problema della mancanza d’acqua in Sicilia. Non lo sarebbe soprattutto per dare una soluzione alla siccità che sta azzerando l’attività in agricoltura.
“La tecnologia è consolidata e affidabile, il mondo la utilizza da decenni, ma il problema è: chi paga?”. Ad evidenziare il problema è Giuseppe Cirelli, professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali dell’Università di Catania. Il costo dell’acqua prodotta dai dissalazione non è sostenibile per gli agricoltori, che da sempre la pagano a costi più contenuti. “L’agricoltore pagherebbe intorno ai 3 mila euro ettaro solo per irrigare, perché il prezzo applicabile per la fornitura di acqua sarebbe di 0,60 centesimi a metro cubo – ha spiegato Cirelli – L’agricoltore non paga a questi prezzi”. Discorso diverso per l’uso potabile per le città. “L’acqua dei dissalatori va bene solo per il potabile – ha concluso il docente – perché di norma l’utenza paga l’acqua fino ad un euro e mezzo al metro cubo”. Poi c’è il problema dell’impatto ambientale dei dissalatori, che affronteremo molto presto.

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