Negli anni ’50 Rosa Balistreri è stata la prima donna a lottare contro le oppressioni sociali e a opporsi a un sistema patriarcale quando ancora di patriarcato nemmeno si parlava.
Dall’ 8 maggio nelle sale italiane è uscito “L’amore che ho”, film del regista palermitano Paolo Licata basato sulla storia della “cantatrice” di Campobello di Licata, considerata oggi più che maiun’icona femminista e un simbolo di lotta e resistenza contro la violenza. Dopo essere stato presentato con successo al 42° Torino Film Festival, L’amore che ho (titolo di una canzone della Balistreri), ripercorre i drammi e le gioie della leggenda della canzone popolare siciliana.
Prodotto da Dea Film e Moonlight Pictures il film con le musiche originali di Carmen Consoli è liberamente tratto dalla biografia dell’omonimo romanzo “L’amuri ca v’haiu” di Luca Torregrossa, nipote dell’artista e Licata ne firma anche la sceneggiatura insieme a Maurizio Quagliana, Heidrun Schleef e Antonio Guadalupi. A interpretare l’artista siciliana nelle varie fasi della sua vita: Anita Pomario, Donatella Finocchiaro e Lucia Sardo.
Nel cast anche Tania Bambaci nel ruolo di Angela, figlia di Rosa, il cui rapporto conflittuale con la madre alimenta il filo narrativo del film e Vincenzo Ferrera che dà il volto a Emanuele, padre di Rosa, un personaggio figlio del suo tempo in cui l’amore filiale è impregnato di cultura patriarcale.
Il lungometraggio offre uno sguardo nell’anima e nell’incredibile destino di questa artista, che è stata non solo simbolo del Mezzogiorno ma anche una cantautrice che ha lottato in prima linea per i diritti dei lavoratori, contro la mafia e a favore dell’emancipazione femminile, in un periodo storico cruciale per l’Italia e per il mondo intero.