Pomodoro, mito da sfatare

di Redazione

A Castelbuono un manifesto artistico svela la verità sul pomodoro San Marzano: nulla è naturale, tutto è selezione, controllo e trasformazione

21 Luglio 2025

In Via Dante Alighieri a Castelbuono campeggia un enorme cartellone (6x3m) con il dettaglio ingrandito di un pomodoro San Marzano, ma non quello perfetto e levigato che siamo abituati a vedere. L’opera, intitolata San Marzano 2, è firmata dal duo Aterraterra (Fabio Aranzulla e Luca Cinquemani) e nasce in collaborazione con il Museo Civico di Castelbuono nell’ambito del progetto “Ecosistemi Connessi. Museo e Comunità Post-Varietali”, a cura di Maria Rosa Sossai.

L’immagine mostra la polpa viva e imperfetta del pomodoro, i suoi semi, le sue fibre: un corpo vegetale organico, cangiante, seducente e respingente allo stesso tempo. L’intento è chiaro: decostruire l’idea romantica della purezza varietale e della naturalità agricola, mettendo in discussione l’origine stessa di ciò che chiamiamo “naturale”.
Il titolo richiama la vicenda della varietà “San Marzano”, scomparsa negli anni ’90 a causa di una virosi e successivamente ricreata in laboratorio: una storia che svela quanto anche il cibo “più autentico” sia frutto di selezione artificiale e controllo genetico.

L’installazione pubblica anticipa la mostra “Post-varietal Communities” (dal 13 settembre al Museo Civico), che presenterà una comunità di pomodori ibridati in modo spontaneo, un’installazione sonora realizzata da Tobias Koch e una serie fotografica inedita.

Il Museo Civico, diretto da Laura Barreca, conferma così la sua vocazione ecologica e sperimentale, proponendo nuovi modi di abitare il museo e il paesaggio, lontani dal concetto di oggetto da collezionare, vicini invece all’idea di museo come ecosistema vivente e attivo.

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