Scorie nucleari no di Trapani, dove dovrebbe sorgere il deposito?

Polemiche sul progetto da 900 milioni di euro. Quanto sarà grande l’impianto e come saranno stoccati i rifiuti?

29 Aprile 2024

Lo spettro del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi fa tremare la Sicilia, soprattutto i comuni di Trapani, Segesta e territori limitrofi. Sono infatti 25 i comuni che dicono no alla costruzione del Deposito nazionale per le scorie gestito dalla Sogin, la società pubblica che si occupa dello smantellamento delle centrali nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi. 

Le aree individuate per il deposito

Per la Sicilia, Trapani e Segesta-Calatafimi sono le aree inserite nell’elenco delle zone idonee a ospitare il grande deposito dove interrare migliaia di metri cubi di scorie già prodotte, più quelle che si produrranno in futuro, per almeno 300 anni. Tre secoli infatti è il tempo che serve per rendere meno radioattivi gli scarti.

La procedura del ministero

Lo scorso dicembre il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la lista. La procedura prevedeva 3 mesi di tempo per gli enti locali che si volessero auto candidare per ospitare l’opera, ma “Alla scadenza del termine non si sono registrate autocandidature”, si legge sul sito della Sogin. E così la palla ora torna nelle mani degli enti governativi e del Ministero che dovranno valutare le aree presenti in elenco fra cui spunta anche quella del trapanese.

Il no di Trapani e dei comuni vicini

In prima linea contro l’opzione siciliana il sindaco di Trapani Giacomo Tranchida e Francesco Gruppuso, primo cittadino di Segesta-Calatafimi. Contrari anche Confindustria, comparto turistico e dell’agroalimentare, settori definiti strategici per il tessuto economico della zona. Proprio di queste ore anche l’appello del sindaco di Trapani rivolto ai ragazzi del territorio: programmato per il 2 maggio un incontro con gli studenti per invitarli “a scendere in campo ed essere vigili a tutela del loro futuro e del nostro territorio”.

Cos’è il Deposito nazionale?

La definizione esatta si trova sul sito della Sogin: “Il Deposito Nazionale sarà un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca”. 

Avrà un’estensione di 110 ettari e dovrà contenere tutti e 78mila metri cubi di scorie:

  • circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica
  • circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria. 

Il progetto ha un costo di 900milioni di euro, dovrebbe essere costruito in 4 anni ed entrare in piena attività entro il 2029.

Come verranno conservate le scorie?

Il deposito, ideato secondo le linee guida fornite da Iaea (International atomic energy agency), ospiterà le scorie a bassa attività radioattiva proteggendole con un sistema a quattro barriere “ingegneristiche”:

  1. Le scorie già in forma solida vengono stoccate in grossi cilindri metallici, tipo barili, successivamente riempiti di cemento armato
  2. I barilli verranno poi stoccati in grosse vasche in calcestruzzo anche loro riempite di cemento armato
  3. Le vasche in calcestruzzo verranno stoccate in quelle che la Sogin definisce celle. Dei veri e propri edifici in calcestruzzo armato speciale. Il progetto ne prevede 90
  4. L’ultima barriera è la “collina multistrato”, una struttura artificiale disposta a copertura delle celle. Viene realizzata con strati di diversi materiali allo scopo di impedire l’ingresso di acqua nel deposito, drenare le acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura

Insomma parliamo di un sistema di stoccaggio a matrioska, dove il contenitore più piccolo verrà protetto da altre tre “scatole” in cemento armato.

Anche le scorie ad alta attività verranno stoccate nel grande deposito, ma per questo tipo di scarti bisognerà realizzare un altro tipo di sistema: ovvero un deposito geologico.

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